Il D.lgs. 8 giugno 2001 n. 231 qualifica la responsabilità dell’ente come “amministrativa dipendente da reato”, tuttavia, esso estende agli enti l’applicabilità di alcuni principi di natura penalistica.
Innanzitutto, l’art. 1 del decreto citato disciplina l’ambito soggettivo di applicazione, ricomprendendo tra i soggetti cui si applicano le disposizioni:
- Gli enti forniti di personalità giuridica
- Le società
- Le associazioni anche prive di personalità giuridica
Sono esclusi dall’ambito di applicazione, invece, lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici e gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Con riguardo ai criteri di imputazione della responsabilità, essi vengono distinti in:
a) Oggettivi: è necessario che il soggetto singolo che commette un reato abbia agito nell’interesse o a vantaggio dell’ente, rivestendo al suo interno una determinata posizione formale, quindi, che talune fattispecie di reato siano commesse da:
- Soggetti in posizione apicale (rappresentanti, amministratori, dirigenti)
- Sottoposti all’altrui direzione
b) Soggettivi: è necessaria la colpevolezza dell’ente desunta dalla mancata adozione di modelli di organizzazione e nell’omessa vigilanza sui comportamenti dei sottoposti e dei dipendenti. In altre parole, la colpevolezza dell’ente consiste nell’aver consentito il reato del singolo con la propria carente regolamentazione interna.
La prova liberatoria a favore dell’ente si articola diversamente a seconda che il reato sia stato commesso da soggetti in posizione apicale, oppure da soggetti sottoposti all’altrui direzione.
a) Nel primo caso, si ha una presunzione relativa di responsabilità, vincibile solo se l’ente è in grado di dimostrare:
- Di aver adottato e attuato modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi.
- Di aver conferito ad un organismo interno all’ente compiti di vigilanza sul funzionamento, l’osservanza e l’aggiornamento dei suddetti modelli.
- Che il reato sia stato commesso da soggetti che hanno fraudolentemente eluso i modelli di organizzazione e di gestione.
- Che l’organismo di vigilanza appositamente predisposto abbia omesso di vigilare o abbia vigilato in maniera insufficiente.
b) Nel secondo caso, la responsabilità dell’ente si basa sulla circostanza dell’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza nei confronti del soggetto sottoposto, salva la dimostrazione che non vi sia stata tale inosservanza, fornendo la prova dell’adozione e dell’efficace attuazione di un modello di organizzazione idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello commesso dal soggetto sottoposto.
Pertanto, i modelli di organizzazione sono un efficace strumento di prevenzione e assumono un ruolo centrale nell’ambito dell’intera disciplina dettata dal d.lgs. 231/2001, poiché fungono da criterio principale di esclusione della responsabilità dell’ente.
Il legislatore, quindi, ne ha individuato dettagliatamente le caratteristiche, descrivendo le esigenze che i modelli organizzativi devono soddisfare:
- Individuare le attività dell’ente nell’ambito delle quali possono essere commessi reati
- Predisporre idonei protocolli per la programmazione, la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente circa i reati da prevenire
- Individuare idonee modalità di gestione delle risorse finanziarie destinate ad impedire la commissione di reati
- Prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo di vigilanza
- Introdurre sanzioni disciplinari per il mancato rispetto delle direttive contenute nei modelli.
Con riferimento alle sanzioni, esse si distinguono in:
- Sanzioni pecuniarie: vengono applicate sempre e la loro commisurazione è calcolata con un meccanismo articolato in funzione del numero delle quote e dell’importo della singola quota
- Sanzioni interdittive: si applicano congiuntamente a quelle pecuniarie in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste. Esse consistono in:
- Interdizione dall’esercizio dell’attività
- Sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione del reato
- Divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione
- Esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi
- Divieto di pubblicizzare beni o servizi
- Confisca del prezzo o del profitto del reato
- Pubblicazione della sentenza di condanna
Avere un modello organizzativo ai sensi del D.lgs. 231/2001, ti permette di proteggere la tua organizzazione dal rischio della commissione di reati e dalla responsabilità dell’ente per la loro commissione.
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