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IL PROCEDIMENTO DI INGIUNZIONE

Il primo passo da compiere per recuperare i tuoi crediti personali e commerciali

Il procedimento di ingiunzione, cosiddetto monitorio, è un procedimento speciale caratterizzato dall’assenza di contraddittorio, il cui scopo è quello di conseguire, in tempi rapidi, il titolo esecutivo necessario per procedere con l’esecuzione forzata.

Il procedimento consta di due fasi:

  • La prima, su iniziativa del creditore e senza contraddittorio (ossia senza la necessaria presenza del debitore), che si conclude con l’emissione del decreto ingiuntivo;
  • La seconda, solo eventuale, su iniziativa del debitore ingiunto il quale, tramite l’opposizione al decreto ingiuntivo, instaura un vero e proprio giudizio ordinario di cognizione.

L’esercizio dell’azione tramite il procedimento monitorio è subordinato all’esistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 633 c.p.c., ossia:

  • Il credito che si intende far valere deve essere liquido, cioè predeterminato nell’ammontare o facilmente determinabile con un mero calcolo matematico, esigibile, cioè non soggetto a condizione sospensiva o a termine o ad altri ostacoli di natura giuridica, certo, nel senso che deve avere ad oggetto una somma di denaro o una determinata quantità di cose fungibili o la consegna di una cosa mobile determinata;
  • Il credito deve risultare da prova scritta;
  • Se il credito dipende da una controprestazione o da una condizione, il creditore deve offrire elementi idonei a far presumere l’adempimento della controprestazione o l’avveramento della condizione.

Sono prove scritte, ai sensi dell’art. 634 c.p.c.

  • Le polizze;
  • Le promesse unilaterali per scrittura privata (es. ricognizioni di debito, promesse al pubblico, cambiali e assegni bancari);
  • I telegrammi;
  • Se il creditore è un imprenditore commerciale o un lavoratore autonomo e il credito riguarda la somministrazione di merci o di denaro o prestazioni di servizi, sono prove scritte idonee a) gli estratti autentici delle scritture contabili previste dal codice civile, purché bollate, vidimate e regolarmente tenute e b) gli estratti autentici delle scritture contabili previste dalle leggi tributarie;
  • Se il creditore è lo Stato o un ente o istituto soggetto a tutela o vigilanza dello Stato, sono prove scritte: a) i libri o registri della Pubblica Amministrazione e b) gli accertamenti eseguiti dall’Ispettorato del Lavoro (oggi direzione territoriale del lavoro) e dai funzionari degli enti, se i crediti riguardano l’omesso versamento agli enti di previdenza e assistenza dei contributi relativi a rapporti di lavoro.

Il procedimento monitorio si avvia con ricorso ai sensi dell’art. 638 c.p.c., il quale deve contenere, oltre i requisiti indicati nell’art. 125 c.p.c., l’indicazione delle prove che si producono, del procuratore del ricorrente o, nei casi in cui è ammessa la costituzione di persona, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio del comune dove ha sede il giudice competente.

Il ricorso deve essere indirizzato al giudice di pace o al tribunale in composizione monocratica che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria, ai sensi dell’art. 637 c.c.

A seguito del deposito del ricorso, si apre la fase di cognizione sommaria da parte del giudice adito, il quale può:

  • Rigettare il ricorso ove lo ritenga inammissibile per carenza dei presupposti processuali o per incompetenza;
  • Chiedere l’integrazione probatoria al ricorrente nell’ipotesi in cui ritenga non sufficientemente giustificata la domanda;
  • Accogliere il ricorso, emettendo in tal caso il decreto ingiuntivo, col quale viene ingiunto al debitore di pagare o consegnare, nel termine di quaranta giorni, con l’avvertimento che nel medesimo tempo può essere fatta opposizione e che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. Il termine può essere ridotto a dieci giorni o aumentato fino a sessanta, enunciando nel decreto ingiuntivo le ragioni che li giustificano.

In caso di accoglimento del ricorso, il creditore deve notificare il ricorso ed il decreto ingiuntivo in copia autentica al debitore, entro sessanta giorni, pena l’inefficacia del decreto ingiuntivo.

Peraltro, il giudice, in caso di accoglimento, deve concedere la provvisoria esecutività se il credito è fondato su specifici documenti indicati dall’art. 642 c.p.c. (es. cambiale o assegno) e, può inoltre concederla, se vi è pericolo di grave pregiudizio nel ritardo.

In tali casi, il giudice può anche autorizzare il creditore ad agire per l’esecuzione forzata senza l’osservanza del termine di dieci giorni previsto dall’art. 482 c.p.c.

In mancanza della concessione della provvisoria esecutorietà, il decreto ingiuntivo diventa esecutivo una volta trascorso il termine di quaranta giorni previsto per l’opposizione, senza che il debitore ingiunto l’abbia proposta.

Se, nel termine di quaranta giorni, il debitore ingiunto propone opposizione presso lo stesso ufficio al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto, si instaura un vero e proprio giudizio di cognizione ordinaria.

L’opposizione si propone con atto di citazione, oppure con ricorso nel caso di rito semplificato di cognizione o di rito del lavoro.

  • Se l’opposizione è respinta con sentenza passata in giudicato o esecutiva provvisoriamente, il decreto ingiuntivo acquista efficacia esecutiva;
  • Se l’opposizione è accolta parzialmente, il titolo esecutivo è costituito dalla sentenza (non dal decreto ingiuntivo);
  • Se l’opposizione è accolta integralmente, il giudice revoca il decreto ingiuntivo o ne dichiara la nullità
  • Se il giudice dichiara l’estinzione del processo (es. per inattività delle parti), il decreto ingiuntivo diventa esecutivo;
  • Se le parti si conciliano, il giudice dichiara o conferma l’esecutorietà del decreto oppure riduce la somma a quella stabilita dalle parti in sede di conciliazione.

Il debitore, inoltre, può proporre opposizione tardiva nelle ipotesi previste dall’art. 650 c.p.c., ossia quando dimostri di non aver avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo per:

  • Irregolarità della notificazione
  • Forza maggiore o caso fortuito

L’opposizione tardiva deve essere proposta nel termine perentorio di dieci giorni dal primo atto di esecuzione del decreto ingiuntivo, ossia dal pignoramento.

In tema di opposizione tardiva, inoltre, non può non citarsi la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 9479/2023 in tema di abusività delle clausole nei contratti del consumatore, con la quale la Suprema Corte ha stabilito che il giudice dell’opposizione tardiva, una volta investito dell’opposizione basata sul profilo dell’abusività delle clausole contrattuali, avrà il potere di sospendere l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda dell’esito dell’accertamento sull’abusività delle clausole e dell’effetto che tale accertamento potrebbe comportare sul decreto ingiuntivo. Solo successivamente a tale accertamento, procederà secondo le forme del rito di opposizione.

I decreti ingiuntivi dichiarati provvisoriamente esecutivi, quelli dichiarati esecutivi in mancanza o in pendenza di opposizione e quelli per i quali l’opposizione è rigettata, costituiscono titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale sui beni di proprietà del debitore, ai sensi dell’art. 655 c.p.c.

Se hai un credito personale o commerciale fondato su prova scritta, l’ottenimento del decreto ingiuntivo è solitamente il primo passo necessario per recuperare quanto ti spetta. Rivolgiti ai professionisti dello Studio Legale Rametta per il supporto e l’assistenza legale necessari per procedere con il recupero coattivo del tuo credito.

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